Intervista a Gias, Bangladesh, e alla famiglia ospitante

Gias, le cose più belle che hai vissuto con la tua nuova famiglia in nei primi mesi?
"La prima cosa è che mi trovo bene con questa famiglia e con i loro molti amici. La seconda è l’impegno che la mia nuova famiglia ha assunto per aiutarmi a pagare il debito legato al mio viaggio dal Bangladesh all’Italia. La terza è la possibilità che mi è stata offerta di frequentare un corso professionale per diventare cuoco".

Gias, che cosa è cambiato rispetto alla tua precedente esperienza di accoglienza in comunità?
"Sono due esperienze molto diverse. Io preferisco stare in questa famiglia, perché mi sono sentito accolto, capito, aiutato sotto molti punti di vista. Con una famiglia alle spalle è tutto più facile: andare a scuola; frequentare i miei amici e conoscerne di nuovi. Insomma, qui non mi sento trattato come uno straniero".

Emanuela e Raffaele, che cosa è cambiato nella vostra famiglia con l’arrivo di Gias?
"Tutto. Prima, quando non c’era Gias facevamo anche fatica a tornare a casa, perché eravamo molto proiettati sul lavoro. Gli impegni esterni erano la nostra priorità. Adesso non  parliamo più solo di lavoro. Sentiamo la responsabilità di avere una persona a casa che ha  bisogno di noi. Gias ha 18 anni: le sue necessità, la sua voglia di vivere sono molto diverse dalle nostre. Lui è una persona positiva, sempre sorridente. Ah, abbiamo dovuto cambiare completamente la nostra dieta alimentare. Adesso si mangia pollo e verdure, poi verdure e pollo e qualche volta anche pesce".

Gias, che cosa ti colpisce di Emanuela e Raffaele?
"Mi hanno accolto con molto amore. Poi, di loro mi piace tutto".

Emanuela e Raffale, che cosa vi piace di Gias?
"Ci è piaciuto sin da subito per la sua gentilezza. Ha il suo carattere: è molto diverso da  come ci era stato descritto. È uno che ha le sue idee. Dopo una fase di studio, è una persona che si fida degli altri. È un ragazzo coraggioso, molto sensibile e molto rispettoso.  Ha grande attenzione verso chi è più in difficoltà. Non dice mai di no, specialmente ai suoi amici: si preoccupa sempre per gli altri e solo dopo pensa a sé. È molto intelligente e speriamo che riesca a coltivare le sue tante capacità. È bravo a cucinare, a pescare, a coltivare".

Gias, che cosa ti piace di Modena?
"La mia famiglia e i nuovi amici che ho conosciuto. Sono molto contento, perché incontro sempre delle nuove famiglie che mi vogliono bene".

Manu e Raffa, alla luce di questa esperienza che state facendo con Gias, che cosa cambiereste della nostra città?
"Vorremmo che cambiasse l’atteggiamento delle persone nei confronti di chi è a Modena da straniero. Ci piacerebbe che ci fossero più tempo e più energie per creare un progetto strutturato che dia futuro ai ragazzi come Gias. Ci piacerebbe che la scuola per stranieri (il CPIA) non chiudesse d’estate. Ci vuole un progetto più strutturato per i minori stranieri  non accompagnati. Manca per loro un ragionamento di sistema e di prospettiva. Nonostante il lavoro meritorio che fanno le comunità di prima accoglienza e i servizi sociali, non c’è una vera politica di inclusione, che riguardi le relazioni sociali e il mondo del lavoro.
Molti di questi ragazzi sono allo sbaraglio in mezzo a pratiche burocratiche che farebbero impazzire anche un italiano. Oggi a Modena ci sono circa 90 minori stranieri non accompagnati. Ci sembra impossibile che in una città di 180.000 abitanti e 90.000 nuclei familiari non si riesca dare accoglienza e amore a ragazzi come Gias".

Gias, come ti immagini tra un anno?
Non lo so. Adesso il mio futuro è l’impegno di restituire alla mia famiglia i soldi di cui si sono indebitati per farmi fare questo viaggio verso l’Europa. Io spero che la mia nuova famiglia mi tenga ancora con sé per un anno o due. Poi si vedrà.

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